"Passa l'angelo, passa l'angelo/ E nessuno può vedere/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E fa segno di tacere./ E dice sono venuto a sciogliere/ E non a legare/ Sono venuto a sciogliere/ E non a spezzare/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E ti fa segno di andare/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E ti lascia passare/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E ti offre da bere/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E finisce il bicchiere/ E dice sono venuto a prendere/ E non a rubare [...] E dice non devi piangere/ E non ti devi spaventare/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E nessuno può vedere [...] E fa segno di tacere/ Passa l'angelo, passa l'angelo/ E ti offre da bere[...]"
(da "L'angelo" dall'album "Calypsos").
Chi sono gli angeli? Nei secoli l'angelo è divenuto il guardiano, il custode, il protettore individuale di ognuno. L'angelologia ha elaborato fra gli angeli gerarchie. Anche i filosofi neoplatonici rinascimentali li hanno inseriti nelle gerarchie piramidali che emanano dall'Uno, che è Dio. San Tommaso d'Aquino aveva già scritto: "Seraphim vero denominatur ab ardore caritatis" e "Cherubim denominatur a scientia" (Summa theologiae I, q. LXIII, a. 7), per dire che si chiamano Serafini, tra gli angeli, quelli che ardono per l'amore, e Cherubini quelli che si distinguono per la loro sapienza. Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli, Angeli (la gerarchia più precisa è quella dello Pseudo-Dionigi, nel libro De Caelesti hyerarchia, IV-V secolo): queste sono, ancor prima, definizioni ricavate dal visionario Libro dell'Apocalisse e dalle lettere di Paolo agli Efesini (Ef 6,12) e ai Colossesi (Col 1,16). Tutto questo immaginario ha derivazioni dall'originaria filosofia neoplatonica, ma soprattutto dalle culture e delle religioni antiche. L'angelo, dal greco aggellos, è colui che dà notizie, è il messaggero divino. Conosciamo anche i nomi degli angeli - anzi degli arcangeli - più famosi, cioè a dire Gabri-El (Potenza di Dio), Mica-El (Chi come Dio?) , Rafa-El (Dio guarisce), e infine l'arcangelo scomparso Uri-El (Luce di Dio): si trattava di divinità antiche, che poi vennero assorbite nei culti giudaico, cristiano e islamico. La desinenza-El designa, infatti, la divinità in ebraico. Recita un salmo: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede" (Sal 90,11-12). Gli angeli sono dunque gli eredi delle divinità positive, benevole e favorevoli all'uomo. Quelle negative, invece, sono confluite nel retaggio satanico, tanto caro a chi si preoccupa, in modo a sua volta demonizzante, della musica rock... Tra queste divinità, nella Bibbia ebraica, troviamo citate le antiche divinità malevole e sfavorevoli all'uomo, come Belzebù, Astarte, Belial.
Torniamo ora ai testi poetici di De Gregori:
"Fu la visione di Anna Maria con il rosario tra le dita/ Ad incantare lo stregone e a fargli cambiar vita/ Lasciò la scena in un vestito grigio, lasciò un messaggio con un sorriso/ Diceva: "Parto per Lione, e cerco un angelo del Paradiso/ "Salì sul treno che portava a Bruxelles, ordinò cognac e croissants/ Fece l'elenco dei suoi beni futili nella carrozza restaurant/ Pensò alle ville e alle piscine, ai pezzi rari da collezione/ E fece un voto come San Francesco per il suo angelo di Lione/ E cantò l'Ave Maria, almeno i versi che ricordava/ Mentre guardava dal finestrino l'ombra del treno che lo portava e ad occhi chiusi sognò quei due fiumi, il Rodano e la Saône/ Simbolo eterno delle due anime maschio e femmina di Lyon/ Restò ad aspettare sul vecchio ponte, pensò all'incontro di un anno fa/ Ma i giorni vanno e diventano mesi, quattro stagioni son passate già/ Ora il suo abito è tutto stracciato, somiglia proprio ad un barbone/ Gira le strade e cerca ad ogni passo il suo angelo di Lione/ Stanotte nella cattedrale mille candele stanno bruciando/ Le tiene accese suor Eva Maria a mano a mano che si van consumando/ E dentro ai vicoli come in sogno trascina il passo lo straccione/ Il vecchio scemo fuori di testa per il suo angelo di Lione/ E cantò l'Ave Maria, almeno i versi che ricordava/ Mentre fissava sui vecchi muri la propria ombra che lo seguiva/ E attraversò quei due sacri fiumi, il Rodano e la Saône/ E l'acqua scura come il mistero di quell'angelo di Lyon."
(testo integrale di "L'angelo di Lyon" dall'album "Per brevità chiamato artista").
E' il realismo che domina sull'aspetto visionario delle immagini del cantautore, sia pure un realismo irrigato da una battente pioggia di spiritualità:
"Ogni giorno c’è un pezzo di strada da macinare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima che sa di pioggia e che sa di sale /Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ti aspetterò così come si dice che si deve fare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non sarò mai troppo stanco di stare a aspettare/ Un altro giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non c’è niente di stabilito tutto può cambiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non esiste un cavallo sicuro su cui puntare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno metto in tavola qualcosa da mangiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E certe volte non trovo parole per ringraziare/ Per ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E ognuno cerca di fermare il tempo e il tempo non si sa fermare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ognuno cerca di passare il tempo e il tempo si vede passare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ A volte mi sento come un prigioniero da liberare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ma non ci sono sbarre e non c’è modo di scappare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno c’è un pezzo di strada da ritrovare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima da benedire e da conservare/ Per tutti i giorni di pioggia che Dio manda in terra.
(testo integrale di "Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra" da "Per brevità chiamato artista").
E' un realismo, anzi un neorealismo manieristico, non scevro di citazioni, quasi a evocare così la figura di Pasolini alla quale De Gregori ha dedicato una bellissima canzone:
"Non mi ricordo se c'era luna, e né che occhi aveva il ragazzo,/ ma mi ricordo quel sapore in gola e l'odore del mare come uno schiaffo./ A Pa'. /E c'era Roma così lontana, e c'era Roma così vicina,/ e c'era quella luce che li chiama, come una stella mattutina./ A Pa'. /A Pa'. /Tutto passa, il resto va./ E voglio vivere come i gigli nei campi, come gli uccelli del cielo campare, e voglio vivere come i gigli dei campi, e sopra i gigli dei campi volare."
(testo integrale di "A Pa'").
E' chiara la citazione dell'Evangelo secondo Matteo, al quale Pasolini si era ispirato per realizzare un capolavoro della storia del cinema: "[...] per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete [...] Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?[...] E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro [...] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta." (Evangelo secondo Matteo, Mt 6, 25-33).
Il Vangelo secondo Matteo... e Pasolini: un suo maestro di vita? un mito? sembra di sì... sicuramente anche un nostro angelo custode. E De Gregori, alla maniera di Pasolini, ama gli ultimi, gli oppressi, gli ultimi, gli affamati e assetati di giustizia, quelli che popolano le nostre strade e fanno la vera storia d'Italia:
"Suona da quindici anni dove lo pagano per suonare/ una vecchia fisarmonica gli puo' bastare/ Ha gli occhi sempre troppo gentili di uno che beve parecchio/ e non si guarda mai alle spalle né o allo specchio/ e vive dentro a un seminterrato con un cane per compagno/ saranno quasi diecimila anni che non fa il bagno/ Non ha diritto a nessuna pensione perché non ha lavorato mai/ ha una faccia da mascalzone ma non vuole guai/ e fischia quando deve chiamare gli amici/ chiede scusa prima di andare via/ scappa sempre quando vede in giro la polizia [...] E i turisti lo chiamano Ulisse/ ma il vero nome chissà qual è/ ma a lui gli va benissimo anche quello e se lo tiene per sé [...] allora suona da quindici anni/ dove lo pagano per suonare/ e una vecchia fisarmonica gli puo' bastare/ la sera quando smette di faticare/ si sente libero come una piuma/ chiude nel fodero la fisarmonica/ e ne accende una e poi pensa/ 'Mannaggia alla musica dopodomani gli dico addio' /ma poi si siede in faccia al golfo di Napoli/ e ringrazia Dio".
(da "Mannaggia alla musica" dall'album "Tra un manifesto e lo specchio").
Dario Coppola
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